Arrivano nuove stime del mercato indipendente, pubblicate dal servizio inglese MIDiA Research e successivamente ritoccate da Music Business Worldwide e pubblicate su Rolling Stone USA.
Partiamo dal dato certo: nel 2018, 643 Milioni di dollari sono finiti nelle tasche di tutti quei musicisti che distribuiscono in maniera diretta sulle varie piattaforme di streaming.
Significa che da questo calcolo sono escluse sia le etichette indipendenti, cresciute solo del 6%, sia le major (+ 7% rispetto al 2017): mentre i musicisti senza contratto hanno fatto un balzo in avanti del 35%!
Questa fetta di mercato riguarda esclusivamente le royalties meccaniche, ossia il ritorno economico dallo streaming.
Su questo dato MBW ha aggiunto altri 100 milioni di dollari derivanti dalle edizioni/diritto d’autore, in parte (piccolissima) pagata dalle piattaforme, ma la gran parte dell’introito delle publishing deriva dalla sincronizzazione e dalla presenza della musica degli artisti in film, TV, documentari o pubblicità.
La parte più importante, ma nascosta, riguarda i concerti, il vero portafoglio ‘gonfio’ dei musicisti indipendenti. Sono stati condotti vari studi e proiezioni, personalmente intervistando anche i diretti interessati: missando tutti i dati a nostra disposizione risulta un quadro credibile, ossia che il 60/70% dell’intero guadagno annuale deriva dai live.
Ma non è tutto, perché un’altra parte fondamentale è il merchandising (altra entrata ‘nascosta’) e tutto quel commercio online verso siti come BandCamp, dove è possibile acquistare dischi, vinili, magliette, spille e tutto quello che riguarda i beni tangibili.
Ed ecco che arriviamo ai 2 miliardi proposti da MBW.
Cosa ci insegnano questi dati?
La prima cosa è che il musicista che decide di buttarsi nel mercato discografico, deve farlo in modo organizzato, programmatico e con un piccolo investimento iniziale:
• Scegliere il miglior servizio di distribuzione indipendente (TuneCore, Ditto, CDBaby, Distrokid, etc.), affidandosi a quelli stabili e a pagamento. Esistono anche distributori gratuiti o che si trattengono una percentuale delle vostre entrate. Questi ultimi da valutare, o al limite da utilizzare come test.
• Scegliere bene quali sono i brani da pubblicare, concentrandosi sui singoli e sui relativi videoclip; curare bene il suono, la composizione, la produzione, la scrittura del video e decidere il miglior periodo per far uscire i brani; così come il giusto lasso di tempo tra le varie uscite.
Dopo 3/5 singoli, valutare la realizzazione di un EP fisico da vendere ai concerti.
• Promozione/ADV: abbiamo parlato di questo aspetto e di quanto (e come) promuoversi sul web e in particolare sui social (Music ADV Marketing)
In tutti e tre i punti dovete pensare a una cifra da investire, sia per il produttore/regista, sia per il merch, sia per l’ADV.
La seconda cosa che impariamo è che le major e le indies vi stanno cercando; è un mercato veloce, velocissimo, impossibile da gestire e da prevedere. Le discografiche super strutturate non hanno più così tanto personale e tempo da dedicare alla crescita artistica in seno, devono obbligatoriamente guardare alla realtà di mercato, navigare su Spotify e YouTube alla ricerca della fantomatica Next Big Thing sulla quale investire.
Le etichette indipendenti, invece, ragionano in maniera leggermente differente; anche loro seguono la realtà di mercato, ma cercano di trovare l’artista ancora prima che sia un’opportunità per le major, diventando così dei veri e propri intermediari (o talent scout) delle corporazioni internazionali.
Non è un mercato per tutti, oramai è chiaro, ma è un mercato e su questo non ci sono dubbi.