C’era una volta il promo, il breve filmato di accompagnamento al nuovo singolo in uscita che gli artisti più affermati inviavano ai programmi Tv di maggiore prestigio, quando le richieste di apparizione erano eccessive. Poi arrivarono Panoram, Cinebox e Scopitone, evoluzioni del juke box che consentivano di abbinare alla riproduzione della musica le immagini dei musicisti che la eseguivano.
Poi ancora arrivò Mtv e i videoclip divennero un’arte. Perché il «filmato» è sempre stato un mezzo formidabile per veicolare la musica, ieri come oggi.
Oggi, appunto: ci sono pochi dubbi sul fatto che i video siano da considerare arte. Vogliamo forse dire che quella di Mat Whitecross, l’uomo che trasformò i Coldplay in scimmie per «Adventure in a Lifetime», e Mark Pellington, l’autore del corto che accompagna «Next to me» degli Imagine Dragons, non sia arte? Altro che: oggi i video che in quanto a contenuto artistico sorpassano il brano che accompagnano non sono affatto merce rara. All’estero, come in Italia.
Per dire: senza il talento immaginifico del regista Francesco Lettieri progetti come quelli di Calcutta e Liberato avrebbero avuto la affermazione? Concediamoci almeno il beneficio del dubbio. Che sarebbe opportuno stimolare anche nel legislatore: la produzione di video non è infatti coperta dal tax credit che tanto bene sta facendo alla nostra industria cinematografica.

 

Per approfondire http://francescoprisco.blog.ilsole24ore.com/2018/10/13/il-videoclip-e-pubblicita-per-il-cantante-e-lo-stato-non-vuole-pagare-il-tax-credit/