Il cambiamento è in atto. Oramai lo abbiamo letto, scritto e sentito mille volte.
Tim Berners Lee ha spiegato il concetto usando il passaggio dell’adolescenza (della rete) a un comportamento più maturo.
Come possiamo tradurre questo suggerimento (che nel caso di Tim diventa uno spoiler vero e proprio) nella promozione musicale?

 

#1 Basta promozione, solo comunicazione
Il primo punto è smettere di pensare alla promozione e iniziare di più a ragionare come comunicazione, un semplice flusso di contenuti e idee filtrate dalla vostra visione di artista, che ha a disposizione una sensibilità più spiccata della media.
Dovete fare una profonda analisi di quale sia il vostro racconto globale, se vogliamo andarci pesante: ‘la vostra missione nel mondo’.
E ascoltare l’istinto al momento di pubblicare i contenuti.
La responsabilità alla quale richiama Tim Berners Lee parte da voi, non dagli utenti. Ma allo stesso tempo dovete rispondere alla domanda: quale è la vostra straordinarietà?

 

2# Basta Social Media Marketing, adesso si paga!
La filosofia di Tim Berners Lee si scontra con l’edgerank, l’algoritmo di Facebook (e quindi anche di Instagram) che regola la portata dei nostri post. Quello dell’algoritmo è un ragionamento contorto e poco etico, perché spesso un artista investe dei soldi per promuovere la propria pagina, e poi deve sborsarne e altri per raggiungere tutte le persone che in realtà ha già acquisito a pagamento: è come se si pagasse due volte.
L’ADV non è arte, ma tecnica, è quindi possibile imparare; possibile, non necessario.
E’ ‘possibile’ (leggi: più facile) quando dovete promuovere dei concerti in un determinato luogo, oppure un video cover mirato ai fan di quell’artista.
Diventa ‘necessario’ (leggi: più difficile) quando esce un vostro singolo, o ancora più impossibile se volete usare AdWords di Google per fare pubblicità al vostro video su YouTube: in questi ultimi due casi valutate un professionista o un’agenzia.

 

#3 Basta iTunes e basta album, adesso solo le playlist di Spotify
Si è creato un isterismo promozionale attorno a Spotify simile a quello che c’era nei primi 2000 con iTunes; questa volta però cambia la portata e l’efficacia.
Essere in una playlist dei curators di Spotify porta maggiori ascolti e posizionamento rispetto alla vecchia home page di iTunes, o del brano in evidenza (spesso di un emergente, in free download).
Una playlist come Scuola Indie, che conta ‘appena’ 10.000 follower, può determinare la nascita di una nuova band, ma soprattutto far crescere gli ascolti di un brano nell’ordine delle migliaia di plays al giorno. Ma c’è spazio solo per pochi (ad oggi solo 55 bani), mentre le richieste sono migliaia, come se fosse un concorso statale.
“Ok, sono isterico! Come faccio ad entrare nelle playlist di Spotify!?!?!?”

 

#4 Basta chiedere di entrare nelle playlist di Spotify, dovete meritarlo!
Un tempo si rispondeva così alla domanda che tutti gli artisti facevano: “Non devi chiedere un contratto discografico, devi meritarlo!”, oggi, invece, la domanda principe è: “Come faccio a entrare nelle playlist di Spotify?”.
Ci sono due modi:
• Per chiara fama: o come artista o come label. Se sei un prodotto major, o di super indie come Bombadischi, Maciste, Garrincha, INRI, è più facile accedere a libro magico dei curators.
• Per interesse: se avete Spotify For Artist (faremo una breve guida a riguardo), dovete caricare il brano sulle piattaforme almeno due settimane prima dell’uscita, inviarlo ai curators e cercare di generare molte plays nell’arco delle prime 24/48 ore.

 

#5 Basta i luoghi comuni sui vecchi media. Sono solo vecchi, non inutili.
Negli ultimi 10 anni, la radio ha cambiato approccio; la TV ha modificato il suo DNA; le riviste sono sparite; i quotidiani ancora sopravvivono. Le generazioni post 2000 li vedono come modernariato, ma un ruolo ce lo hanno ancora, molto potente: il posizionamento all’unisono.
Quando una stazione FM trasmette il tuo brano, lo fa aggregando tutti gli ascoltatori e in qualche modo, li connette fra loro; è il momento in cui la tua musica non è più soltanto tua o dei tuoi amici, ma arriva a uno spaccato trasversale di società, completamente disinteressato. E’ una possibilità in più di arrivare la dove non si arriverebbe con gli ADV, perché la realtà comunque supera sempre la fantasia.

 

 

Fabrizio Galassi