“Il vecchio modello favoriva alcuni intermediari, ma oggi gli artisti possono produrre e pubblicare autonomamente la loro musica”. Così il CEO di Spotify Daniel Ek in una lettera inviata ai possibili futuri investitori della piattaforma.

 

Il fondatore del popolare servizio di streaming ha lasciato intendere che uno dei prossimi obiettivi di Spotify sarà quello di rendere obsolete le etichette discografiche e gli editori (gli “intermediari”), mettendo direttamente in contatto gli artisti con i fan: una scelta che ha suscitato qualche polemica, tra gli addetti ai lavori.

 

Con la lettera Ek ha voluto rassicurare gli investitori sulle perdite accumulate negli ultimi anni da Spotify. Perché se è vero che in questi anni sono aumentati gli utenti della piattaforma, allo stesso tempo sono aumentate anche le spese.

 

E alla voce “spese” troviamo, i diritti d’autore pagati agli autori delle canzoni che vengono ascoltate su Spotify: nel 2017 la piattaforma ha dichiarato di aver pagato diritti pari a oltre 9,7 miliardi.
Come risolvere questa situazione? Proprio tagliando fuori le case discografiche e gli editori.

 

Ma Spotify potrà mai fare a meno di accordi con etichette e editori? Sono temi che avevamo già toccato in un recente editoriale e sui quali abbiamo ora invitato a riflettere due discografici italiani: Dario Giovannini di Carosello Records (etichetta che ha nel suo roster i Thegiornalisti, Levante e gli Skunk Anansie) e Dino Stewart, capo della filiale italiana di BMG (che ha nel suo roster Francesco Gabbani e Red Canzian per quanto riguarda l’Italia, e star del pop come Kylie Minogue, Boy George e Avril Lavigne a livello internazionale).
“Noto una grande contraddizione: Spotify, nella lettera che ha mandato ai potenziali investitori, dice che permetterà all’artista di ‘saltare’ le case discografiche e andare direttamente sulla piattaforma. Peccato che a noi Spotify abbia sempre detto: ‘Noi siamo al vostro servizio e mai ci metteremo in concorrenza con voi'”, dice Dario Giovannini, “Spotify si comporta come tutte le grandi start up: entra in un mercato senza chiudere accordi o chiedere autorizzazioni. E si rende indispensabile. Poi, una volta che si rende indispensabile, dice: ‘Da adesso dettiamo noi le condizioni’. Ma hanno fatto i conti senza l’oste”. Gli fa eco Dino Stewart: “Da una parte il signor Daniel Ek deve convincere gli investitori, ma questa mi sembra una decisione un po’ drastica”.

 

Per approfondire http://www.rockol.it/news-688578/spotify-polemica-contro-etichette-obsolete-commento-carosello-e-bmg?refresh_ce