Spotify, l’azienda che vale 20 miliardi di dollari, fino a dicembre 2023 pagava all’artista 0.02€ ogni 1000 ascolti, da gennaio 2024 la piattaforma non pagherà le canzoni che realizzano meno di 1000 ascolti in un anno o primi 1000 ascolti per gli altri per ogni anno, gli ascolti accumulati sulle playlist private sono considerati anomali/fraudolenti e quindi non rimunerati e sanzionati, l’accesso alle playlist ufficiali è caotico, il saldo finale può ridursi di molto rispetto i numeri teorici di partenza, questi cambiamenti interessano milioni di artisti con le loro etichette musicali, editori, autori, compositori e tutta la filiera, dalla creazione di una canzone fino alla sua diffusione legale tramite le piattaforme, queste restrizioni creeranno un tesoretto di circa 40 milioni di dollari che verrà ridistribuito ad artisti più ascoltati, di fatto si taglieranno i poveri per dare ai ricchi, l’esclusione dei 1000 ascolti può escludere anche dalle playlist ufficiali.
Secondo (via Digital Music News) il report annuale di Luminate, società che fornisce dati relativi al settore dell’intrattenimento: sono circa 152 milioni le canzoni che realizzano meno di 1000 stream in un anno, di cui quasi 80 milioni vengono ascoltate meno di 10 volte nell’arco di 12 mesi. Circa 42 milioni di pezzi ottengono da 11 a 100 stream annui, 30 milioni da 101 a 1000 stream.
Le canzoni che ottengono meno di 1000 stream, spiega Luminate, sono l’82% del totale, una cifra altissima che dà un’idea dell’affollamento di musica sulla piattaforma i cui ascolti però si distribuiscono in una piramide al cui vertice ci sono 2600 canzoni che totalizzano più di 100 milioni di stream annui l’una.
Secondo molti, questo mercato apparentemente aperto a tutti, in realtà è molto selettivo e discriminatorio, produce come risultato che 45 milioni di canzoni non vengano ascoltate da nessuno in quanto escluse dalle playlist ufficiali e sanzionate per fare cassa, questo in un mercato di crescita i cui benefici vanno solo ai grandi colossi/artisti. È l’opinione ad esempio di Damon Krukowski, membro del duo Damon and Naomi e dei Galaxie 500 e da tempo in prima linea nel denunciare le storture del sistema discografico digitale visto dal “basso”.
«La piramide degli introiti derivanti dallo streaming è già ripida a causa di algoritmi, playlist e payola», scrive Krukowski su X. «Ora, grazie al nuovo metodo di conteggio di Spotify, l’82,7% dei brani presenti sulla piattaforma non verrà remunerato affatto: gli introiti di questi brani verranno reindirizzati a chi sta in cima alla piramide, una strategia regressiva e discriminatoria».
A dicembre 2023, Spotify ha annunciato il terzo licenziamento in massa di 1600 persone (600 persone a gennaio 2023 + oltre 200 a giugno 2023), nonostante la crescita di utenti, i conti non tornano e passa ai tagli, forse la morsa delle crisi economiche porta molti utenti a scegliere l’account gratuito e comunque Spotify per dominare il mercato deve sostenere i numeri per caldeggiarsi l’azionariato, in questo momento storico è fondamentale per il sostegno del colosso finanziario.
Per un artista indipendente/emergente/esordiente o per un’etichetta discografica/editore indipendente la vita artistica è impegnativa, difficile e complessa, si devono fare mille sacrifici per produrre la propria musica, promuoverla, diffonderla e suonarla sui palchi, fare la gavetta per un crescendo di esperienze personali e professionali che un giorno potranno dare la marcia in più o la grande opportunità/occasione con la giusta preparazione, in questi contesti i pochi euro di Spotify possono aiutare più di quanto si pensi e comunque ha ancora senso investire su Spotify a queste condizioni?
Le playlist private dovrebbero rimanere “solo private” e la stessa Spotify per coerenza con le sue direttive stringenti dovrebbe creare strumenti per denunciare/rimuovere le playlist anomale, altrimenti si conferma la tesi della farsa e del complotto contro il mondo indipendente, si ricorda che le major sono azioniste di Spotify e godono sempre di trattamenti privilegiati, per loro le direttive stringenti non valgono.